produzione 2010
Compagnia Virgilio Sieni L'ULTIMO GIORNO PER NOI dal De Rerum Natura di Tito Lucrezio Caro
ideazione, regia e coreografia: Virgilio Sieni musica: Robert Schumann, Trio op.110 con: Ramona Caia, Massimiliano Barachini, Jacopo Jenna, Csaba Molnàr, Daniele Ninarello luci: Virgilio Sieni direttore tecnico: Eugenio Marrè Brunenghi tecnico luci: Luisa Giusti costumi: Manuela Menici maschere: Istvan Zimmermann, Giovanna Amoroso - Plastikart produzione: Compagnia Virgilio Sieni, Fondazione Fabbrica Europa per le arti contemporanee con la collaborazione di Ravenna Festival, Comune Siena - Assessorato alla Cultura, Comune di Firenze - Assessorato alla Cultura con il sostegno di Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Toscana
Sui bambini esanimi si vedevano talvolta i corpi inanimati dei genitori, e all'opposto talora sulle madri e sui padri i figli esalare la vita (De Rerum Natura - VI, 1256-1258)
Il lavoro trae ispirazione da La natura delle cose e in particolar modo dal VI libro dove Lucrezio ci parla degli agenti terreni che gli uomini non possono controllare, i terremoti, le eruzioni descrivendo infine, terminando l'opera, la peste di Atene. Quei corpi di bambini morenti che a loro volta sostengono i genitori, corpi riversati e dolorosi nella richiesta di conforto e vicinanza, vengono prima di un vuoto che è materia e sostanza di sguardo, del tragitto dell'uomo verso l'altro. Allo stesso tempo altri due avvenimenti hanno determinato lo sviluppo del lavoro, le cadenze del gesto e la qualità dei corpi tangenti dei danzatori: la recente tragedia del cosiddetto gommone di Malta dove cinque emigrati vengono trovati e ricacciati in mare senza soccorso, alla deriva disumana, e allo stesso tempo la fotografia di Merillon, chiamata la Madonna di Benthala, la madre che perse i suoi sette figli nell'esplosione di una bomba.
La morte ha un gesto? Qui 5 fratelli gemelli vanno incontro alla fine. Sono figure lucreziane che si nutrono di declinazioni e sospensioni fisiche. Una coreografia sul sostenersi e sulla ciclicità del gesto che si rigenera nella fisica e nell'etica, nell'emozione e nell'incessante ora del desiderio. Un desiderio che crea tenuità e incanto, che scioglie il corpo nella dinamica, che reinventa una sintassi della fine.
I gemelli vanno incontro alla morte immatura, fratelli come quelli della madre di Bentalha e inventano i loro ultimi balli. Ancora appaiono come un unico corpo che si sostiene all'interno, un corpo capace di osservarsi, di moltiplicare lo sguardo e il tatto.
E infine, i 5 gemelli fatti di atomi e vuoto, di amaro e dolore ci indicano forse la dolcezza come evento, la radice della momentaneità, che nella danza è sempre il momento di ridestarsi alla felicità?
(Virgilio Sieni)
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